Janssen ha presentato al Congresso annuale dell’American Society of Hematology (ASH) – che si è tenuto a San Diego dal 9 al 12 dicembre – i nuovi dati a lungo termine dello studio di fase III GLOW e dello studio di fase II CAPTIVATE, entrambi volti a valutare l’efficacia della combinazione a durata fissa ibrutinib più venetoclax (I+V) nel trattamento di prima linea per la leucemia linfatica cronica (LLC).
Lo studio GLOW
Ad un follow-up di 57 mesi, lo studio GLOW, che ha valutato la sicurezza e l’efficacia di ibrutinib più venetoclax rispetto alla combinazione clorambucil più obinutuzumab (Clb+O), ha mostrato un tasso di sopravvivenza globale (OS) stimato pari a 84,5 % in pazienti con leucemia linfatica cronica di prima diagnosi anziani e/o con comorbidità trattati con ibrutinib più venetoclax rispetto alla coorte clorambucil più obinutuzumab , dove la sopravvivenza globale è stata pari al 63,7 %.
I pazienti trattati con la combinazione di ibrutinib più venetoclax, inoltre, hanno registrato una riduzione del rischio di morte del 55% rispetto all’altro gruppo.
Lo studio CAPTIVATE
I risultati dello studio CAPTIVATE, che si basa su un regime terapeutico di ibrutinib più venetoclax simile a quello dello studio GLOW, hanno mostrato remissioni profonde con valori significativi di sopravvivenza libera da progressione (PFS) nella coorte trattata con questo regime terapeutico.
Nella coorte a terapia fissa (FD), i valori di sopravvivenza libera da progressione sono rimasti elevati e costanti, con il 70% dei pazienti trattati ancora in vita e senza progressione della malattia, a un follow-up di 57 mesi (intervallo di confidenza 95 per cento [CI], 62-77).
“Siamo orgogliosi dell’impatto che ibrutinib continua ad avere sui pazienti con LLC, grazie a miglioramenti sia degli esiti clinici sia dell’esperienza di trattamento”, commenta Edmond Chan, Senior Director, EMEA Therapeutic Area Lead Haematology, Janssen-Cilag Limited. “Ad oggi, ibrutinib è l’unica target therapy che ha dimostrato di avere un beneficio significativo in prima linea in termini di sopravvivenza globale in uno studio di fase 3; in questo senso, gli ultimi dati presentati all’ASH dimostrano che, a fronte di un follow-up più lungo, questo regime di combinazione a durata fissa continua a mantenere risposte profonde e durature, anche nei pazienti a rischio più elevato”.
I dettagli dello studio GLOW
Nello studio GLOW, i pazienti con leucemia linfatica cronica di età pari o superiore a 65 anni o di età compresa tra i 18 e i 64 anni, con un punteggio della scala di valutazione cumulativa della malattia (CIRS) superiore a sei o una clearance della creatina inferiore a 70 mL/min, sono stati randomizzati ad assumere ibrutinib più venetoclax (n=106) o clorambucil più obinutuzumab (n=105).
“I risultati aggiornati dello studio GLOW dopo cinque anni continuano a dimostrare l’efficacia della terapia a durata fissa I+V nei pazienti con LLC di prima diagnosi più anziani o con comorbidità”, aggiunge George Follows, Consultant Hematologist at Cambridge University Addenbrooks Hospital & Clinical Lead for Lymphoma/CLL, “Anche se attualmente non esiste una cura per questa malattia, questo trattamento risulta molto promettente, con un’efficacia costante nel tempo e con risposte durature a quasi cinque anni di follow-up”.
In particolare:
A un follow-up mediano di 57,3 mesi (range, 1,7-65,2), l’endpoint primario della PFS è rimasto superiore per I+V rispetto a Clb+O (HR 0,256 [95 per cento CI, 0,172-0,382]).
I tassi stimati di PFS a 54 mesi sono stati del 66,5 per cento nei pazienti trattati con I+V, rispetto al 19,5 per cento di quelli trattati con Clb+O.
I pazienti trattati con I+V hanno continuato ad avere un vantaggio in termini di OS, con una riduzione del rischio di morte del 55 per cento (HR 0,453 [95 per cento CI, 0,261-0,785]; p=0,0038). I tassi stimati di OS a 54 mesi sono stati dell’84,5 per cento nel braccio I+V rispetto al 63,7 del braccio di controllo Clb+O.
Il rischio di dover ricorrere a una terapia di seconda linea si è significativamente ridotto dell’82 per cento con il trattamento I+V in prima linea rispetto a quello con Clb+O (HR 0,185 [95 per cento CI, 0,096-0,355]; p<0,0001).
A 54 mesi, l’87,9 per cento dei pazienti trattati con I+V non ha richiesto una terapia successiva.
La combinazione I+V ha determinato tassi di PFS a 54 mesi pari al 90 per cento in pazienti con una mutazione a livello della regione variabile della catena pesante dell’immunoglobulina (mIGHV; n=32) e al 59 per cento in pazienti senza tale mutazione genica (uIGHV; n=67).
Nei pazienti con mIGHV, i tassi di PFS a 42 mesi dopo il trattamento con I+V sono stati superiori o uguali al 91 per cento, indipendentemente dallo stato di malattia minima/misurabile residua (MRD) a tre mesi dalla fine del trattamento (EOT+3).
Nei pazienti con uIGHV, i tassi di PFS a tre anni dopo il trattamento con I+V sono stati dell’81 per cento per i pazienti che hanno raggiunto una MRD non rilevabile (uMRD)all’EOT+3.
Dopo 38 mesi dalla fine del trattamento con I+V, il 32,1 percento dei pazienti aveva una uMRD.1 Dei pazienti che hanno raggiunto la uMRD tre mesi dop5o il trattamento con I+V (n=58), il 53,4 percento ha mantenuto lo stato di uMRD fino a 38 mesi dopo il trattamento.
I risultati completi dello studio GLOW con il follow-up a quattro anni sono stati recentemente pubblicati da The Lancet Oncology, il 6 novembre 2023.
I dettagli dello studio CAPTIVATE
I risultati della fase 2 della coorte I+V a durata fissa (FD) dello studio CAPTIVATE, che ha utilizzato un regime a base di I+V simile a quello dello studio GLOW in pazienti con LLC di età pari o inferiore a 70 anni, hanno mostrato remissioni profonde e valori di PFS clinicamente significativi. Inoltre, sono stati valutati i pazienti con MRD.
In particolare:
A quasi cinque anni, l’82 per cento dei pazienti non ha ricevuto un trattamento successivo (95 per cento CI, 76-87).
Dei 202 pazienti trattati con I+V nella coorte FD (n=159) o nella coorte MRD (n=43), ad oggi 53 hanno avuto una progressione della malattia (PD), che, nella maggior parte dei casi si è verificata a due anni dalla fine del trattamento.
Di questi pazienti, 22 hanno iniziato il ri-trattamento con ibrutinib in monoterapia. A un follow-up mediano di 17 mesi (range, 0-45), il tasso di risposta globale (ORR) nei 21 pazienti valutabili per la risposta è stato dell’86 per cento, con risposte in termini di remissione completa (CR) (n=1 [5 %]), remissione parziale (PR) (n=17 [81%]), PR con linfocitosi (n=1 [5 %]), malattia stabile (SD) (n=1 [5 %]) e progressione di malattia (PD) (n=1 [5 %]).
Tra questi pazienti, non ci sono state riduzioni della dose di ibrutinib o interruzioni a causa di eventi avversi (AEs).
Nella coorte FD, i tassi di PFS e OS a 54 mesi sono stati rispettivamente del 70 per cento (95 per cento CI, 62-77) e del 97 per cento (95 per cento CI, 93-99).
Profilo di sicurezza
I dati aggiornati per entrambi gli studi hanno mostrato un profilo di sicurezza del regime I+V coerente con quelli già noti per le singole molecole in monoterapia. La sicurezza non è stata ulteriormente valutata nello studio GLOW, poiché tutti i pazienti avevano già superato il periodo di uscita dal trattamento nelle analisi precedenti.
L’analisi della sicurezza è stata limitata all’incidenza di seconde neoplasie primarie. Per quanto riguarda lo studio CAPTIVATE, gli eventi avversi gravi correlati al trattamento, così come gli episodi di neoplasie secondarie hanno continuato ad essere raccolti anche a fine trattamento. Complessivamente, nell’8% dei pazienti si sono osservate seconde neoplasie primarie; inoltre, un caso di carcinoma basocellulare si è verificato durante questo ulteriore anno di follow-up.2
“GLOW e CAPTIVATE sono gli studi sul trattamento con I+V a durata fissa più lunghi condotti su pazienti affetti da LLC, con quasi cinque anni di risultati”, conclude Craig Tendler, Vice Presidente, Late Development and Global Medical Affairs, Johnson & Johnson Innovative Medicine. “Se analizzati nel complesso, i risultati di questi studi indicano la combinazione I+V come un’importante terapia di prima linea, completamente orale, per la leucemia linfatica cronica, e sottolineano ulteriormente l’importanza di questa combinazione nel cambiare lo standard di cura per i pazienti con LLC e altri tumori maligni a cellule B”.