Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di mortalità nel mondo, con un’incidenza del 34,8% e 18 milioni di decessi.
Ogni anno in Italia circa 230.000 persone muoiono a causa di queste patologie. A livello globale, tra il 1990 e il 2019, il numero di pazienti ipertesi è raddoppiato, passando da 650 milioni a 1,3 miliardi e circa quattro 4 persone affette su 5 non vengono adeguatamente trattate.
Sempre in Italia sono 16,6 milioni gli adulti con ipertensione; il 62% ha ricevuto una diagnosi e il 54% segue un trattamento, ma solo il 28% riesce a tenere sotto controllo la malattia.
Secondo l’OMS nel nostro Paese sarebbe necessario trattare 3,3 milioni di persone con ipertensione in più, per raggiungere un tasso di controllo pari al 50%. Si stima, infatti, che un aumento della copertura delle cure per l’ipertensione potrebbe prevenire 76 milioni di decessi, 120 milioni di ictus, 79 milioni di attacchi cardiaci e 17 milioni di casi di insufficienza cardiaca da qui al 2050.
Un quadro allarmante, del quale si discuterà in occasione della Giornata Mondiale per il Cuore, che si celebrerà venerdì 29 settembre, organizzata in Italia dalla Fondazione Italiana per il Cuore (FIPC) con il supporto del Gruppo Servier in Italia.
“La Giornata Mondiale per il Cuore è un’opportunità importantissima per sottolineare il ruolo strategico della prevenzione nel contrasto delle malattie cardiovascolari, che hanno un impatto pesantissimo sulla qualità di vita del paziente e sui costi dell’intera società – commenta Emanuela Folco, Presidente di FIPC – Una importante analisi sui costi economici delle MCV condotta in Europa dal 2006 è stata presentata qualche settimana fa al congresso della Società Europea di Cardiologia e mostra come anche nel nostro Paese le malattie cardiovascolari rappresentano, nel 2021, una delle principali voci di spesa delle prestazioni previdenziali, costituendo circa il 15% del totale della spesa sanitaria. Queste patologie comportano un costo pro-capite di circa 726 euro, includendo sia i costi sanitari che quelli dell’assistenza sociale a lungo termine. Investire nella prevenzione rappresenta, dunque, non solo una scelta saggia per tutelare la salute del singolo ma anche un approccio economicamente vantaggioso per il Sistema Sanitario Nazionale, in termini di risparmio”.
La Giornata, il cui claim è ‘PER IL CUORE, CON IL CUORE, PER TE”, rappresenta anche l’occasione per il Gruppo Servier in Italia di presentare i risultati di un’analisi secondaria dei dati raccolti con lo studio Save your HEART, recentemente pubblicata da High Blood Pressure & Cardiovascular Prevention.
Save Your HEART – studio osservazionale condotto nelle farmacie italiane nel periodo post pandemico – ha indagato i fattori di rischio cardiovascolare non diagnosticati e/o non controllati in soggetti ipertesi in trattamento antipertensivo, intercettando i pazienti che sottovalutavano o ignoravano le possibili conseguenze a cui erano esposti.
Nei mesi successivi gli autori hanno condotto un’analisi secondaria per valutare l’evoluzione del rischio cardiovascolare, alla luce dei nuovi target terapeutici e delle nuove carte del rischio pubblicati all’interno delle Linee Guida ESC 2021 sulla prevenzione cardiovascolare. Queste ultime hanno introdotto l’aggiornamento dell’algoritmo di calcolo del rischio cardiovascolare SCORE (Systematic Coronary Risk Evaluation), denominato SCORE2, per valutare il rischio di sviluppare eventi cardiovascolari fatali e non fatali in 10 anni, prendendo in considerazione anche il fatto che con questo nuovo calcolo l’Italia è passata da un rischio cardiovascolare basso (<100 morti cardiovascolari per 100.000 abitanti) ad uno moderato (100-150 morti cardiovascolari per 100.000 abitanti).
Ne emerge un quadro complessivo preoccupante, con il 70% circa dei partecipanti che è risultato non in grado di tenere la pressione arteriosa nei limiti previsti dalle nuove linee guida, ma soprattutto con un aumento dei pazienti ipertesi a rischio cardiovascolare alto o molto alto, che è passato dal 49% all’87% circa, considerando non solo gli eventi cardiovascolari fatali, ma anche la possibilità di incorrere in 10 anni in un evento non fatale.
“Nell’immaginario comune si tende a pensare all’Italia come ad un Paese caratterizzato da un rischio cardiovascolare basso. In realtà, la fotografia catturata dallo Studio ci porta in tutt’altra direzione – dichiara Claudio Ferri, Professore Ordinario in Medicina Interna presso l’Università degli Studi dell’Aquila – La rivalutazione dello studio Save Your HEART, infatti, mette in luce il grave problema legato alla percezione del rischio cardiovascolare, che spesso viene sottostimato. Questo nonostante l’età media di insorgenza sia dei fattori di rischio, sia delle patologie cardiovascolari si stia progressivamente abbassando. Ne sono una prova proprio i dati emersi da questa analisi secondaria, che mostrano come il mancato raggiungimento dell’obiettivo pressorio e di LDL colesterolemia sia purtroppo comune. Ciò è dovuto tanto all’ipotrattamento, quanto ad una modesta aderenza e persistenza terapeutiche. Accanto al monitoraggio più costante ed attento del proprio livello di rischio cardiovascolare, pertanto, è necessario anche promuovere l’assunzione corretta dei farmaci e semplificare la terapia farmacologica”.
L’analisi conferma ancora una volta quanto i fattori di rischio cardiovascolare non adeguatamente controllati contribuiscano ad aumentare il carico di morbilità e mortalità. I trattamenti farmacologici possono ridurre sostanzialmente questo rischio, ma la loro efficacia è limitata in caso di mancata aderenza o interruzione precoce della terapia. Per contrastare l’inerzia terapeutica e aumentare l’aderenza del paziente, è fondamentale il follow-up dei pazienti, l’aggiornamento e, ove possibile, la semplificazione della terapia.
“La rivalutazione dello studio Save Your HEART conferma la necessità di una nuova presa in carico del paziente che preveda il coinvolgimento multidisciplinare dello specialista, del MMG e del farmacista e l’esigenza di implementare azioni preventive che possano aiutare il paziente stesso a mantenere un buono stato di salute durante tutto l’arco della vita, agendo efficacemente sui fattori di rischio cardiovascolare – commenta Marie-Georges Besse, Direttore Medical Affairs del Gruppo Servier in Italia – Il lavoro svolto dalla Fondazione Italiana per il Cuore è fondamentale, soprattutto in termini di prevenzione e di sensibilizzazione sul tema. Come azienda leader in cardiologia e a fronte di numeri in costante crescita, siamo fortemente consapevoli che i pazienti, soprattutto quelli cronici e politrattati, hanno bisogno di trattamenti sicuri ed efficaci ma anche ‘comodi’, ovvero in grado di semplificare l’assunzione della terapia, a favore di un aumento dell’aderenza e di una conseguente migliore efficacia della cura”.