Quello farmaceutico è uno dei settori che contribuisce di più al cambiamento climatico a livello globale. Anche per questo, le aziende biotech e farmaceutiche sono obbligate a fare qualcosa per contrastare il fenomeno, ma soprattutto devono adattare i propri processi e le proprie attività per fare fronte a questi cambiamenti. Tutto ciò può tradursi in una strategia che aprirà nuove opportunità di crescita.
L’innalzamento delle temperature aumenterà la diffusione di malattie trasmesse dalle zanzare come malaria e virus Zika, facendo crescere la necessità di disporre di vaccini efficaci, e anche le malattie trasmesse dall’acqua potrebbero diventare più comuni. Proprio come è successo durante la pandemia di COVID-19, dunque, il mondo continuerà a guardare al settore farmaceutico come provider di salute pubblica.
Nel 2019, l’industria farmaceutica ha prodotto 48,55 tonnellate di anidride carbonica per ogni milione di dollari generato, superando l’industria automobilistica, che ha emesso 31,4 tonnellate per ogni milione di dollari generato, in termini di contributo alla crescita globale di gas serra. I dati sono stati rilevati da Cervest – un’azienda specializzata nel Climate intelligence- che li ha raccolti in un report diffuso in USA.
Il settore farmaceutico, che attualmente partecipa con il 23%, dell’uso globale di acqua, sta già adottando misure per ridurre il suo impatto ambientale. Circa l’80% delle aziende biotech e farmaceutiche, infatti, ha fissato a breve termine obiettivi di zero emissioni o di neutralità del carbonio. E dieci tra le più grandi aziende hanno aderito a un’iniziativa sulle energie rinnovabili che mira a decarbonizzare la filiera.
Di contro, sul piano logistico, le aziende farmaceutiche sono ‘altamente vulnerabili’ a causa della loro dipendenza dalle reti globali. I cambiamenti climatici possono dunque avere un impatto sulla maggior parte dei punti della catena di produzione, dall’approvvigionamento delle materie prime alla distribuzione del prodotto finale. Gli eventi meteorologici, per esempio, possono causare ritardi nella fornitura di materie prime, imporre tempi di fermo della produzione non pianificati, portare a ritardi nei trasporti e interruzioni dello stoccaggio della catena del freddo.