(Reuters Health) – Il trattamento dell’infezione delle basse vie respiratorie nei pazienti con COVID-19 con remdesivir sembra essere sicuro, anche se alcuni possono sviluppare bradicardia. A suggerirlo è uno studio condotto in Italia, coordinato da Emilio Attena, dell’Ospedale Cotugno di Napoli, e pubblicato da Circulation: Arrhythmia and Electrophysiology.
Il team ha valutato 166 pazienti ricoverati per COVID-19 e trattati con remdesivir, di cui un centinaio ha ricevuto il farmaco mentre 66 non sono stati trattati con il medicinale perché erano ricoverati in ospedale da più di 10 giorni dall’insorgenza dei sintomi. Tutti i pazienti, inoltre, sono stati trattati con azitromicina, desametasone ed eparina, in caso di embolia polmonare. Il giorno del ricovero e la mattina del quinto giorno di trattamento sono stati condotti esami clinici e di laboratorio ed elettrocardiogramma.
Il quinto giorno di trattamento, il 21% dei pazienti del gruppo remdesivir e il 3% del gruppo controllo hanno manifestato bradicardia. Inoltre, il rapporto PaO2/FiO2 nel gruppo remdesivir era di 313 contro 213 tra i controlli.
Complessivamente, il 29% dei pazienti che hanno ricevuto remdesivir e hanno avuto bradicardia era di sesso femminile, rispetto al 10% di quelli che hanno ricevuto remdesivir e non hanno avuto bradicardia.
Al giorno 5, inoltre, i pazienti trattati con remdesivir e che avevano sviluppato bradicardia avevano una frequenza cardiaca a riposo inferiore rispetto a quelli trattati con remdesivir che non avevano sviluppato bradicardia; e avevano anche un valore di D-dimero più alto, 395 ng/mL contro 180 ng/mL. In tutti i pazienti, comunque, la bradicardia si è interrotta quando remdesivir è stato sospeso, oltre al fatto che i pazienti trattati con remdesivir e con bradicardia avevano tassi simili di ricovero in terapia intensiva e mortalità rispetto a coloro che non sviluppavano bradicardia.
“I disturbi cardiaci, inclusa la fibrillazione atriale, le aritmie sopraventricolari e altre aritmie non specifiche, si sono verificati nel 2,6% dei pazienti trattati con remdesivir”, scrivono gli autori, secondo i quali “la bradicardia dovuta a remdesivir non sembra avere impatto sulla prognosi dei pazienti in termini di ricovero in unità di terapia intensiva e mortalità”.
Fonte: Circulation: Arrhythmia and Electrophysiology
(Versione italiana Daily Health Industry)