(Reuters) – Il farmaco contro l’artrite di Roche, tocilizumab, riduce il rischio di morte dei pazienti ospedalizzati con COVID-19 grave e abbrevia anche i tempi di recupero, riducendo la necessità di ventilazione meccanica. Sono queste le evidenze che emergono dello studio RECOVERY, che ha testato una serie di potenziali trattamenti contro COVID-19 a partire dal mese di marzo del 2020.
“Ora sappiamo che i benefici di tocilizumab si estendono a tutti i pazienti COVID con bassi livelli di ossigeno e uno stato infiammatorio importante”, dice Peter Horby, professore di malattie infettive emergenti all’Università di Oxford e ricercatore capo congiunto dello studio RECOVERY. I risultati preliminari sono stati pubblicati sul server medRxiv in attesa della peer review.
Nel giugno dello scorso anno, lo studio RECOVERY ha rilevato che il desametasone, steroide a basso costo e ampiamente disponibile, ha ridotto i tassi di morte di circa un terzo tra i pazienti COVID-19 più gravemente ammalati. Da allora quel farmaco è diventato rapidamente una parte dello standard di cura raccomandato per i pazienti gravi.
Tocilizumab, venduto con il brand Actemra, è un anticorpo monoclonale anti-infiammatorio somministrato per via endovenosa e usato per trattare l’artrite reumatoide. È stato aggiunto allo studio nell’aprile 2020 ed è stato focalizzato su pazienti con COVID-19 che necessitavano di ossigeno e avevano una situazione infiammatoria grave.
I dati dello studio provengono da 2.022 pazienti COVID-19 che hanno ricevuto in modo casuale tocilizumab e che sono stati confrontati con 2.094 pazienti che non hanno invece ricevuto questo farmaco ma sono stati trattati con cure standard. I ricercatori hanno affermato che l’82% di tutti i pazienti stava comunque assumendo uno steroide sistemico come il desametasone.
I risultati hanno mostrato che il trattamento con tocilizumab ha ridotto significativamente i decessi: 596 (29%) pazienti nel gruppo tocilizumab sono morti entro 28 giorni rispetto ai 694 (33%) pazienti nel gruppo di cura abituale. “Ciò si traduce in una differenza assoluta del 4% e significa che per ogni 25 pazienti trattati con tocilizumab si salverebbe una vita in più”, osservano Horby e Martin Landray, co-responsabile dello studio RECOVERY.
Reuters Health News
(Versione italiana Daily Health Industry)