Qual è stato l’impatto della pandemia da Covid-19 sui trial clinici oncologici e nel trattamento dei pazienti e cosa potrà fare l’immunoterapia oncologica entro il 2030? Se ne è discusso durante il panel virtuale “Cancer Immunotherapy: a vision of future” organizzato da Roche.
“In questo periodo sono state due le nostre priorità – ha esordito James Spicer, professore di Exmerimental Cancer Medicine al King’s College di Londra – Da una parte mantenere i pazienti liberi dal virus, dall’altra continuare i trattamenti anti-cancro. In questo contesto, sono venute meno soprattutto le prove pre-cliniche e l’attenzione quasi esclusiva sui pazienti Covid ha fatto sì che fosse più complicato gestire quelli con altre patologie, con ritardi nelle diagnosi”.
La parola d’ordine è stata flessibilità: “Con il blocco della mobilità, molti pazienti non hanno potuto raggiungere il loro ospedale di riferimento: penso che anche in futuro occorra valutare la possibilità di svolgere esami di routine, come quelli del sangue, nella città più vicina, senza farli spostare per chilometri”, ha aggiunto l’esperto.
Giuseppe Curigliano, professore di Medicina oncologica all’Università di Milano e direttore della divisione Nuovi farmaci per Terapie innovative allo Ieo, ha affermato che “la prima ondata pandemica ha avuto un impatto drammatico, facendo diminuire le persone arruolate nei trial e aumentando le violazioni dei protocolli legate per esempio al fatto che le persone non hanno potuto recarsi alle visite”.
Il professore ha ribadito come siano state seguite le linee guida internazionali, mettendo al primo posto la sicurezza dei pazienti. Dove possibile, si è sfruttata la telemedicina e l’invio al domicilio del paziente dei farmaci orali. “Credo che in futuro sia necessario ripensare l’organizzazione dell’intero sistema sanitario in termini di spazi, forza lavoro e risorse. Dobbiamo puntare ad avere centri hub che si occupino solo di cancro e che restino Covid-free”.
Con il crollo dell’arruolamento dei pazienti, si sono dilatati i tempi: “Abbiamo registrato ritardi in ogni fase delle sperimentazioni – ha notato Dominik Ruettinger, responsabile dell’Early Clinical Development in oncologia di Roche – Stiamo parlando di un paio d’anni e non di qualche mese di ritardo sulla scoperta di nuovi farmaci”.
Guardando al futuro, secondo gli esperti il cancro si combatterà con un mix di strategie: “Da una parte useremo meglio le terapie esistenti, dall’altro ne svilupperemo di nuove – ha evidenziato Oliver Michelin, responsabile dell’Oncologia personalizzata all’ospedale universitario di Losanna – Diventerà sempre più importante riuscire a gestire al meglio la tossicità dei farmaci”.
Grazie alla digitalizzazione della medicina e usando strumenti come big data e intelligenza artificiale, sarà più facile caratterizzare meglio i vari tipi di cancro e dunque personalizzare i trattamenti.
Per Pablo Umaňa, responsabile di Cancer Immunoterapy Discovery, Pharma Research and Early Development al Roche Innovation Center di Zurigo, “l’immunoterapia nel trattamento del cancro è una strategia molto promettente e mi aspetto che in futuro arrivino innovazioni interessanti in questo campo che, combinate con le strategie esistenti, potranno aiutarci a aumentare la sopravvivenza di chi ha un tumore”.
Ruettinger ha sottolineato come proprio la digitalizzazione e la cooperazione a livello mondiale abbiano permesso di sviluppare in tempo brevi un vaccino a mRna per il Covid. “Da parte nostra sentiamo molto forte la responsabilità di mettere a punto strategie che ci consentano di trattare al meglio il cancro e siamo convinti che in futuro l’immunoterapia e le terapie targettizzate rivestiranno un’importanza sempre maggiore”, ha concluso.