Il continuo cambio di trattamento da un farmaco biosimilare a un altro, il cosiddetto ‘switch multiplo’, potrebbe ridurre l’aderenza alla terapia, oltre a esporre il paziente a possibili rischi dovuti all’impossibilità di raccogliere dati a medio-lungo termine, e va pertanto riconsiderata la proposta di sostituibilità automatica tra questi farmaci avanzata da AIFA per razionalizzare la spesa farmaceutica del Servizio Sanitario Nazionale.
È la principale indicazione che emerge da un Documento di Consenso sottoscritto da AMICI Onlus, Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino, AMRER, Associazione Malati Reumatici Emilia-Romagna, ANMAR, Associazione Nazionale Malati Reumatici, APIAFCO, Associazione Psoriasici Amici della Fondazione Corazza e APMARR, Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare, cinque associazioni che rappresentano oltre 4 milioni di cittadini italiani con malattie immunologiche croniche.
La sostituibilità automatica tra biologico e biosimilare e lo switch multiplo sono stati introdotti da AIFA prima con un position paper del 2018 e poi con una proposta di modifica normativa a fine 2019,
Il Documento di Consenso richiama anche a una maggiore e più uniforme comunicazione per valorizzare il concetto di biosimilare e aumentare l’aderenza, alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla sostenibilità del servizio sanitario e sul valore del farmaco.
Altri punti chiave sono il reinvestimento delle risorse per migliorare l’accesso alle cure, l’uniformità territoriale della disponibilità dei farmaci, l’inclusione delle associazioni pazienti nei tavoli istituzionali.
Il Documento di Consenso è scaturito da un’indagine, realizzata con il contributo incondizionato di Amgen, che ha coinvolto 1.330 pazienti – dei quali il 42% in trattamento con biosimilari –¬ con l’obiettivo di conoscere il punto di vista dei pazienti che si confrontano con il problema dello switch multiplo con biosimilari e analizzare la qualità della comunicazione tra medico e paziente rispetto a questa problematica.
I dati dell’indagine
Il 77% del campione in cura con biosimilari ha già fatto uno switch al secondo trattamento, prescritto nel 29% dei casi per motivi economici, nel 25% per ragioni cliniche, nell’11% per ragioni organizzative. Quasi un paziente su 2 ha dichiarato di aver ricevuto spiegazioni inadeguate/insufficienti sui motivi dello switch e tra questi la maggior parte ha ricevuto il biosimilare per motivi di risparmio.
Il 18% del campione ha fatto uno switch multiplo: le spiegazioni fornite sono analoghe a quelle dello switch da biologico a biosimilare. Il 29% dei pazienti riferisce di aver avuto difficoltà con il secondo cambio di terapia. Oltre il 40% dei pazienti sente come ‘non dovuto’ il passaggio ad un secondo biosimilare ed esprime perplessità. Al fine di garantire una presa in carico e una gestione efficace dei pazienti in trattamento con un biosimilare, 1 paziente su 4 (26%) ha suggerito di migliorare le informazioni e l’ascolto.
La comunicazione
Per i pazienti è importante che vengano valorizzate, nel dialogo con il medico, le informazioni sui biosimilari in termini di efficacia e sicurezza e non solo l’impatto che possono avere sul risparmio per il SSN. Le Associazioni pazienti concordano sul fatto che la comunicazione fatta al medico e al paziente sui biosimilari non sia uniforme e che vengano pertanto trasferiti messaggi diversi.
C’è un problema di uniformità ma anche di qualità dell’informazione disponibile al medico e al paziente: in particolare il medico, per motivi di diversa natura, organizzativi, strutturali e di risorse, non è mai in grado di dedicare un tempo adeguato per comunicare al paziente tutte le informazioni che sarebbe utile fossero a disposizione del paziente stesso.
È opportuno inoltre, spiegano le associazioni, che venga fatto un lavoro di sensibilizzazione sulla sostenibilità del sistema di assistenza sanitaria, che non può e non deve puntare unicamente agli aspetti economici, ovvero sui possibili risparmi. I
pazienti esprimono la necessità che l’impegno sia nel valorizzare la qualità, l’efficacia e le potenzialità dei farmaci. Questi sono infatti gli aspetti che i pazienti giudicano rilevanti al servizio della loro salute e quindi gli unici che rendono il paziente disponibile ad accettare un eventuale switch terapeutico.