Nelle aste per l’acquisto di farmaci equivalenti si nasconde il rischio di un “taglio alla rimborsabilità” per circa 1.500 specialità medicinali, in particolare per quelle impiegate nella cura dell’ipertensione e dei disturbi dell’umore. Tanti sono i medicinali che potrebbero infatti presto diventare a carico degli assistiti, a meno che questi non accettino di cambiare terapia e utilizzare un farmaco terapeuticamente equivalente, pur se a base di differenti principi attivi. A lanciare l’allarme è Giacomo Milillo, segretario della Federazione dei Medici di medicina Generale (Fimmg).
La determina 458 dell’Aifa
Dettata dalla preoccupazione per lo sforamento della spesa per i farmaci ospedalieri e tradotta in pratica dalla determina 458 dell’ Aifa, la stretta riguarda circa la metà dei 2700 farmaci a regime di dispensazione ospedaliera o a distribuzione per conto in farmacia ed è legata alle gare d’acquisto regionali di medicinali ‘terapeuticamente equivalenti’, che ad oggi in alcune regioni già si fanno, ma che, secondo i medici di famiglia, “potrebbero diventare generalizzate”. La determina, per ora sospesa, consente infatti di acquistare al miglior prezzo un farmaco che rientra nella ‘classificazione ATC di quarto livello’, gruppo in cui si trovano ad esempio gli Antidepressivi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e farmaci contro l’ipertensione arteriosa, molto diffusi tra gli anziani.
“Solo quello che batterà all’asta il prezzo più basso resterà mutuabile, mentre tutti quelli cosiddetti ad equivalenza terapeutica diventeranno a totale carico degli assistiti. Esenti compresi”. Il problema, chiarisce Milillo, è che “non parliamo di un semplice farmaco equivalente” cioè basato su stesso principio attivo, “ma di un medicinale ‘con profilo rischio-beneficio sovrapponibile’, ovvero che può contenere anche un principio attivo diverso. Insomma, un’altra terapia, un altro percorso assistenziale”. Si tratta, prosegue, “di una norma inaccettabile, che toglie qualsiasi autonomia prescrittiva ai medici e tratta i pazienti come un gregge. Proprio mentre la ricerca scientifica punta verso terapie sempre più personalizzate”. Basti pensare che “ogni singolo paziente risponde in modo diverso già se ingerisce la stessa molecola in bustine anziché in pillole, figuriamoci se poi il principio attivo è proprio diverso”. l provvedimento e’ stato ora sospeso per 90 giorni, “ma l’allarme resta alto visto il pressing delle Regioni. Per questo – conclude Milillo – chiediamo un incontro al presidente dell’Aifa, Mario Melazzini, al quale chiederemo di ritirare in integralmente la determina”.