(Reuters Health) – Le violazioni dei dati sanitari soni in aumento. E sebbene il maggior numero di violazioni si verifichi a livello dei siti dei fornitori di assistenza sanitaria, come ospedali e medici, tra le assicurazioni risulterebbe il maggior numero di cartelle cliniche rubate negli ultimi sette anni. A denunciarlo è un recente studio pubblicato da JAMA e coordinato da Thomas McCoy, della Harvard University di Boston. I ricercatori americani hanno analizzato tutte le violazioni di dati riportate all’Office of Civil Rights del Department of Health and Human Services americano tra il gennaio 2010 e il dicembre 2017. McCoy e colleghi hanno riportato gli andamenti di numeri e tipologie di violazioni, classificandoli in tre categorie: quelli ai danni degli operatori sanitari, quelli ai danni dei piani di assistenza e ai danni delle aziende associate all’assistenza sanitaria.
Lo scenario
Dall’analisi sono emerse 2.149 violazioni per un totale di 176,4 milioni di dati di pazienti, con violazioni singole che riguardavano dai 500 a quasi 79 milioni di dati di pazienti insieme. E nell’arco dei sette anni, il numero di violazione è aumentato ogni anno, tranne che nel 2015, partendo da 199 nel 2010 fino a raggiungere quota 344 nel 2017. In particolare, i ricercatori hanno scoperto che 510 violazioni riguardavano dati cartacei e filmati, con un impatto su circa 3,4 milioni di pazienti, rispetto a 410 violazioni di server di rete, con un impatto su quasi 140 milioni di dati. E le tre più grandi violazioni hanno rappresentato oltre la metà dei dati rubati. “L’aumento del numero di violazioni di dati sarebbe principalmente da attribuire a violazioni estese dei sistemi elettronici”, ha dichiarato McCoy. E se da un lato i grandi database centralizzati offrono ai ricercatori la possibilità di migliorare l’assistenza sanitaria, si devono “bilanciare i rischi dell’essere hackerati con i benefici per la ricerca”, ha sottolineato l’esperto.
Fonte: JAMA
(Versione italiana per Daily Health Industry)