(Reuters Health) – Secondo un’indagine pubblicata due giorni fa, i prezzi dei farmaci in USA, includendo gli sconti, sarebbero scesi del 5,6% nel primo trimestre di quest’anno, contro l’1,7% registrato nello stesso periodo dello scorso anno. Una riduzione che sarebbe dovuta ai cosiddetti programmi copay accumulator, introdotto dai pharmacy benefits managers, che gestiscono i farmaci da prescrizioni e negoziano per conto di assicuratori e altri payers.Secondo l’analista di Sector & Sovereign, Richard Evans, se le aziende farmaceutiche non riusciranno a trovare un modo per far fronte a questi programmi entro l’anno prossimo, i cali potrebbero raddoppiare o triplicare.Dal momento che il costo dei farmaci negli Stati Uniti è in aumento, le aziende hanno aumentato l’offerta delle cosiddette carte di copay assistance, simili a carte di debito che i consumatori possono usare in farmacia per ridurre i costi a loro carico. Secondo i PBM, però, questo sistema non consentirebbe al consumatore di rendersi conto dei costi, spingendolo ad acquistare farmaci più costosi quando ci sono alternative più economiche disponibili. A partire da gennaio, dunque, alcuni PBM hanno introdotto un nuovo approccio per la gestione di queste carte che ha costretto le aziende farmaceutiche a pagare i costi a carico del consumatore per non rischiare che questi decidesse di cambiare farmaco. Il motivo del calo dei prezzi, però, non sarebbe dovuto solo a questi programmi. L’ingresso sul mercato di farmaci competitor avrebbe infatti determinato la possibilità per gli assicuratori di negoziare migliori accordi. E, scondo Evans, tra le pharma più vulnerabili al cambiamento ci sarebbero le aziende che producono medicinali costosi per patologie quali HIV, artrite reumatoide e sclerosi multipla, come Gilead, Biogen, Eli Lilly e AbbVie. Le società interessate, pur riconoscendo l’impatto di questi programmi sulla riduzione dei costi dei farmaci, negano che questi copay accumulator abbiano avuto un impatto rilevante sui loro dati del trimestre. Il CEO di AbbVie, Richard Gonzales, ha ammesso che i programmi hanno danneggiato le entrate nel mese di aprile, ma non sarebbero stati rilevanti per i profitti. Secondo Gonzales, circa il 4% dei pazienti che utilizzano Humira, il blockbuster di AbbVie per il trattamento dell’artrite reumatoide, era coperto da piani che rientravano nei programmi copay accumulators. E nella speranza di eludere questi programmi, secondo Ronny Gal, analista di Bernstein, aziende come AbbVie e Amgen avrebbero cominciato a fornire ai pazienti carte di debito che non possono essere monitorate dai PBM.
Fonte: Reuters Heath News
(Versione italiana per Daily Health Industry)
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