L’azienda irlandese Shire ha speso sei mesi e 32 miliardi di dollari per acquisire Baxalta e i suoi prodotti per l’emofilia. Ma i dati dell’ultimo trimestre, il primo a fornire risultati sul pieno periodo, non sarebbero soddisfacenti. Secondo quanto dichiarato dall’azienda irlandese pochi giorni fa, le vendite dei prodotti del campo dell’ematologia sarebbero scesi del 6%, generando 884 milioni di dollari nel terzo trimestre di quest’anno. Questo decremento avrebbe portato in basso anche le vendite totali, scese del 3% al di sotto delle stime di consenso.
Baxalta è quasi esclusivamente focalizzata sui prodotti ematologici. Lo scorso dicembre, l’analista di Bernstein, Ronny Gal, aveva stimato che circa il 70% del margine operativo della società veniva proprio dai prodotti in questo campo. Questo è il motivo per cui Gal, così come altri analisti, si sono stupiti dell’ostinazione con cui Shire ha cercato di acquisire Baxalta. Con il successo di approcci alternativi al trattamento dell’emofilia, infatti, “il business potrebbe avere un duro colpo”, ha scritto l’analista, prevedendo che le perdite potrebbero aggirarsi intorno al 40%. E gli “approcci alternativi” sarebbero a buon punto nel processo di sviluppo. Cinque case farmaceutiche, tra cui Alnylam, con un RNAi, e Roche, che sta lavorando ad anticorpi, sono arrivati alla ricerca clinica con programmi che prevedono somministrazioni per via sottocutanea e meno frequenti. Chiaramente, tutto ciò non vuol dire che le cose resteranno così per Shire. E il CEO dell’azienda di Dublino, Flemming Ornskov, non sarebbe preoccupato. Con il problema dei prezzi alti dei farmaci, cruciale anche per le prossime presidenziali USA, il CEO “si aspetta una stretta da parte dei Pharmacy Benefit Manager”, che trattano sui prezzi con le aziende. Ma Shire è convinta che questo problema “non influenzerà i pazienti e avrà un impatto limitato sul business”.