Secondo un articolo appena pubblicato dalla rivista Nature’s npj Digital Medicine, il numero di studi nell’area neurologica che utilizzano tecnologie sanitarie digitali (DHT) è aumentato in media di circa il 39% all’anno tra il 2010 e il 2020, segnando una modesta flessione solo nel 2021 a causa della pandemia. Una vera e propria marcia trionfale.
Nell’articolo i ricercatori dell’Università di Potsdam e dell’Ospedale Universitario di Düsseldorf in Germania e della Harvard Medical School negli Stati Uniti sottolineano come i DHT vengano utilizzati per cercare di rendere la ricerca neurologica più incentrata sul paziente e per spostare gli studi clinici ” dalle singole ‘istantanee’ dello stato di malattia verso una misurazione più continua dei disturbi cronici”.
Se è vero che l’uso di dispositivi connessi per misurare i sintomi della Malattia di Parkinson ha una storia piuttosto lunga, nell’ultimo decennio si è assistito a un aumento costante, e in alcuni casi esponenziale, dell’uso dei DHT in patologie come la sclerosi multipla, la malattia di Alzheimer e l’epilessia, per misurare parametri difficili e cruciali, come per esempio i test cognitivi ripetitivi, i modelli di linguaggio e la deglutizione.
La maggior parte degli studi con DHT condotti nel decennio considerato dagli autori dell’articolo (2010-2020) si sono occupati dei sintomi dei pazienti, come la funzione motoria, il sonno, la cognizione e il linguaggio; una piccola parte si è concentrata sull’aderenza ai farmaci o sul monitoraggio dei parametri vitali.
Negli studi sulla Sclerosi Multipla si è fatto massiccio ricorso alla gamification, con una particolare declinazione sull’esercizio fisico.
L’adozione delle tecnologie digitali – concludono gli autori dell’articolo – può aiutare la ricerca a centrare gli obiettivi di messa a punto di farmaci “di svolta” in un’area della medicina ancora caratterizzata da molti unmet need.