Il Web3 potrà aiutare le aziende farmaceutiche e biotech a ottenere informazioni più dettagliate sui percorsi degli utenti e sulle esigenze dei medici che potranno essere, così, sempre più centrate sul paziente.
Nell’era del Web1, gli utenti interagivano solo con i dati, per esempio le cartelle cliniche elettroniche, mentre l’interazione con altri utenti è arrivata più tardi, con il Web2 e le piattaforme social che hanno aiutato i pazienti a ‘incontrarsi’. Tuttavia, nell’era del Web2, c’era un controllo delle infrastrutture fisiche e tecnologiche da parte della governance.
Nel Web3, invece – come scrive Rohit Gupta, di Beghou Consulting – c’è una separazione tra infrastruttura e governance, con maggiori opportunità di innovazione e personalizzazione e con un maggior controllo da parte dell’utente.
Per quanto riguarda il settore sanitario, il Web3 può fornire l’infrastruttura attraverso la quale i pazienti possono dare l’accesso ai propri dati a molte parti interessate, quando ancora oggi l’accesso ai dati è limitato perché sono archiviati su sistemi centralizzati e lo scambio è difficile, per cui gli operatori spesso hanno versioni limitate anche relativamente alla storia medica del paziente. E in ambito clinico, questa mancanza di accesso può portare a test non necessari, trattamenti inefficienti e costi più elevati.
Dati abilitati grazie alla tecnologia blockchain daranno, invece, la possibilità ai pazienti di condividere le loro informazioni. E i vantaggi saranno anche altri. Per esempio a livello di assicurazioni sanitarie, con organizzazioni autonome decentralizzate che potrebbero ridurre i premi per i pazienti.
Le aziende, dunque, devono prepararsi a gestire e accogliere questi dati, oltre che a spingere nell’innovazione dell’analisi in modo da trovarsi pronte ai cambiamenti delle esigenze di medici e pazienti.